In principio erano quei piccoli asterischi sulla carta stagnola dei formaggini.
Poi arrivarono i codici a barre e qualcuno suggerì di raccoglierli, ché sicuramente valevano qualcosa.
Poi giunse la volta dei tappi di plastica, e qualcuno insistette che raccoglierli era cosa buona giusta.
Bambina, sì, ma già pervicace, mi interrogavo sul senso di quelle raccolte, ma nessuno mi dava spiegazioni soddisfacenti.
Lo spiegante si rivelava sempre un esecutore, in missione per conto di un amico di un amico di un amico a cui rimandava tutti i dettagli tecnici.
Naturalmente avrebbe scommesso lo scudetto della sua squadra preferita sulla bontà del progetto.
Peraltro il premio al raggiungimento di qualche trilione di campioni dei suddetti era lodevole: una carrozzina per handicappati, una macchina per la dialisi o altre ottime cause.
Mmmmmh.
Era proprio il divario tra la bontà della causa e la fumosità dell’organizzazione a farmi sentire puzza di leggenda metropolitana.
Sino a quando, qualche tempo fa, incrociai il progetto Va a ciapà i tapp, un’iniziativa dell’Associazione Lombarda Cooperative di Produzione e Lavoro, con la collaborazione di LeftLoft, a sostegno dell’associazione Onlus La Nostra Comunità.
Wow. Quindi era vero. Avevo dunque diffidato invano per anni o nel frattempo era successo qualcosa di cui ero all’oscuro?
L’ indagine ha poi rivelato una storia meravigliosa.
La raccolta dei tappi è stata a lungo una leggenda metropolitana.
Nel ’95 è salita agli onori della cronaca la storia di un handicappato che aveva raccolto ben 5 tonnellate di tappi, per poi scoprire che non c’era nessuno a cui consegnarli, e nessuno che gli avrebbe dato la carrozzina.
Per la cronaca, pare che la storia sia finita bene, con una donazione per altre vie.
Poi, non si sa bene come, qualcuno ha cominciato a pensare ai tappi come fonte di lucro.
Oddio, lucro.
Non precipitatevi a mettere in banca i vostri tappi: 1 tonnellata, ovvero circa 400.000 tappi rende solo 150 euro.
Poi servono organizzazione, magazzini di stoccaggio, impegno.
In cambio trasmette senso civico, educazione al riciclo, sensibilizzazione verso il progetto sostenuto a chi ci mette il suo impegno.
E ha molto senso, perché tappi e bottiglie di plastica non vanno riciclati assieme.
I tappi sono fatti di Polietilene (PE), mentre le bottiglie di Polietilene tereftalato (PET), e il processo di riciclaggio per i due materiali è differente.
Oltre a Va a ciapà i tapp vi segnalo due altri importanti punti di raccolta italiani.
In Toscana è molto attiva la rete della Caritas di Livorno, che negli anni ha finanziato diversi progetti in Africa. A Genova, invece, l’associazione Non solo parole con il ricavato della raccolta tappi sostiene circa 500 famiglie in situazioni di grave disagio economico.
Perdinci, a volte è bello sbagliarsi.
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