Ancora oggi, dopo parecchi anni di professione, mi trovo a spiegare spesso che cos’è il food styling.
Va meglio, perché grazie ai vari Masterchef almento il concetto di impiattamento è familiare a molti. Ma c’è ancora un po’ di strada da fare.
È vero, il food styling è un’attività curiosa: se è fatto bene, deve essere invisibile; se si nota, c’è qualcosa che non sta funzionando.
Non è però nulla di misterioso, a dispetto del nome un po’ sfuggente: è l’arte di preparare i piatti per il set, fotografico o cinematografico, tirando fuori il loro lato migliore.
Infatti, per quanto buono, qualsiasi cibo non può essere tirato fuori dalla pentola e messo sul set. Va preparato.
Esattamente come non potete prendere Kate Moss appena sveglia, e portarla sul set in pigiama e con gli occhi pieni di cispa. Non rende allo stesso modo che dopo una seduta di trucco sapiente, pur essendo sicuramente affascinante.
Non è in dubbio la sua avvenenza.
Semplicemente, non è pronta per il set fografico.
Perché diventi quello che lo shooting richiede – ragazza acqua e sapone, star in abito da sera, manager in tenuta da ufficio – non solo deve passare al trucco-parrucco-styling per ovvie ragioni di look, ma deve anche essere truccata in modo efficace per il set.
La stessa cosa vale il cibo: qualsiasi piatto da fotografare va preparato per l’occhio della macchina fotografica.
Le foto professionali di cibo possono sembrare due robine tanto-che-ci-vuole, ma ci vuole poco solo dopo che il piatto è stato preparato dal food stylist, il set è pronto, il fotografo ha già preparato le luci pronte e l’angolazione di scatto è stata già decisa.
Che cos’è quindi in food styling? È tutta quella serie di tecniche che aiuta a presentare il cibo al suo meglio, per creare un’immagine che stimola i sensi ed evoca tutta la gamma di esperienze sensoriali che quel cibo può offrire.
Grazie a questa tecnica, una foto non mostra e basta, ma diventa capace di raccontare.
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