il cibo e i 5 sensi

Siamo tutti convinti di esercitare il gusto, di avere un gusto, e qualcuno pure di averne più degli altri.

Ci ripetiamo anche che i gusti sono gusti, annuendo davanti all’amico che giura sulla reale bontà dell’hamburger di quel fast food, perché lui lo mangia proprio per suo gusto, eh?

La realtà, invece, è un po’ diversa.

Cibo, gusto e fuffa

Ragazzi, non è vero niente: il gusto è un’illusione, o poco più.

Non lo dico io, lo dicono proprio i testi di neuroscienze.

Il gusto è un senso debole. Le nostre papille gustative, riconoscono solo 5 gusti base: il dolce, il salato, l’acido, l’amaro e l’umami.

Tradotto significa che il nostro amico nell’hamburger riconosce chiaramente il salato, l’acido del cetriolo sott’aceto, l’agrodolce del ketchup; il resto lo fanno altri sensi, mica il gusto.

D: Ma allora tutte quelle belle sfumature di pepe del Sechzuan e cumino nero della Malesia colte all’alba da una danzatrice del ventre al suono dei suoi dieci braccialetti d’oro tintinnanti?

R: Ci sono, certo. Ma attenzione: non è il gusto che le coglie.

La vita segreta dell’odorato

È noto e attestato quanto l‘odorato arricchisca la percezione del gusto di una gamma enorme di sfumature. La cipolla e la mela, per esempio, senza l’odorato hanno un sapore molto simile.

Tornando all’hamburger, che comunque non è il piatto più ricco di sfumature che mi venga in mente, senza olfatto il ketchup sarebbe solo uno sciroppino dolce, la polpetta di carne, cartone pressato, il pane una specie di spugna con un vago sapore dolciastro: anche le poche sfumature dell’hamburger le aggiunge il naso.

L’odorato la sa lunga: siamo noi che non ci rendiamo conto di quanto lo usiamo. Provate a mettere un po’ di zucchero e cannella in una fialetta a chiusura ermetica e assagiatelo prima a naso chiuso e poi a naso aperto: vedrete che differenza!

Il cibo e la vista

La vista, invece, è l’equivalente algido e razionale dell’odorato: decide da lontano se quella roba lì che sta sul nostro piatto è commestibile, se ci può piacere, e quanto.

Molto spesso ci informa sulla sua temperatura e sulla sua consistenza, ma non sempre ci azzecca, proprio perché si basa solo sulle apparenze. Il fumo vuol dire che il piatto è caldo, ma potrebbe anche significare che c’è una sigaretta accesa in posacenere lì vicino, per esempio.

La vista si occupa  solo di ciò che sembra, che poi è il cuore del mio lavoro da food stylist: creare del cibo che seduca irrimediabilmente la vista, che la convinca della bontà di quel cibo, approfittandosi biecamente della sua sicumera.

Che poi è la stessa ragione per cui ci sono meravigliose foto di hamburger perfetti e deliziosi in bella vista in ogni fast food: in modo che il nostro amico di sopra li veda, li desideri e cominci a salivare.

E l’udito che c’entra con il cibo?

Sembra stia lì zitto e buono, ma anche lui fa parte della banda, anche lui influenza la nostra percezione del gusto.

Mettiamo che dopo l’hamburger il vostro amico, ormai anche un po’ mio, sia preso dall’irrefrenabile desiderio di un cartocio di patatine fritte: a seconda di quanto fanno crock, le percepirà più buone. Calde, croccanti, salate: tra tutti questi stimoli, il gusto passa completamente in secondo piano, perchè non è il gusto che cerchiamo nelle patatine fritte, ma piuttosto un’insieme di sensazioni.

Idem con le bevande gassate: non è un gusto ma un complesso di sensazioni: tattili (gas + temperatura), auditive (sempre il gas), olfattive (aromi vari) e solo in minima parte un’esperienza gustativa (il dolce).

Anche qui, non invento nulla, benché ammetto che la cosa mi diverta assai.

C’è un famoso esperimento di Zampetti e Spencer, durante il quale hanno somministrate  a un gruppo di volontari delle patatatine un po’ stantie. Metà del gruppo è stato sottoposto all’ascolto di alcune modulazioni sonore, l’altra metà no. Indovinate un po’? Il primo gruppo ha valutato le patatine più buone del secondo. Insomma ci si mette anche l’udito a confondere le acque.

Ma non è finita qui.

Ci mancava solo il tatto…

Il senso più sottovalutato di tutti nell’esperienza gustativa, anzi diciamo pure bellamente ignorato, è il tatto.

Sì: le sensazioni tattili dentro la bocca, sul palato, sulla lingua, sono spesso percepite come un tutt’uno con il gusto. Quante volte avete sentito parlare di un sapore cremoso? Di un gusto fresco? Di un gusto morbido? Ecco, diciamolo: queste qualità non sono gustative: sono tattili.

Molto spesso crediamo di esercitare il gusto e invece stiamo usando soprattutto il tatto. Nell’ hamburger, per esempio, che ormai è un po’ nostro, non più solo dell’amico, noteremo la consistenza del pane soffice, la carne tiepida e più consistente, il formaggio fuso morbido e cremoso, il fresco della lattuga e del pomodoro.

A ben guardare, tutta la grande famiglia del comfort food ha in comune consistenze molto piacevoli al tatto, accompagnate da gusti forti, netti, ben riconoscibili: è a questo mix di piacere sensoriale e familiarità, a mio parere che dobbiamo il reale, innegabile, effetto di conforto.

Ricapitolando

E quindi? A cosa ci serve sapere tutto questo?

Prima di tutto, ci spiega che tipo di stimolazione ricerchiamo nel cibo.

Ho notato che spesso al gusto si accompagna un senso dominante, e immagino si possa allineare alla divisione in cenestesici, auditivi e visivi della PNL: i primi con olfatto o sensibilità tattile spiccatissima; i secondi attenti al côté sonoro del cibo, gli ultimi più sensibili all’aspetto estetico del piatto.

Ecco, quel senso nascosto dietro il gusto è spesso una delle chiavi delle scelte che facciamo.

Si può vivere benissimo anche senza saperlo, ovviamente, e mangiare per gratificare i sensi, con intento più o meno consciamente consolatorio.

Tutto questo, però, è molto diverso dal dare al nostro organismo quello di cui ha davvero bisogno (che può essere, magari, di cibo croccante ma non di chips), e anche dall’esercitare pienamente i nostri 5 sensi.

Saperlo, è gettare un ponte tra il consapevole e l’inconsapevole: un allargamento di visione, che, come tutta la conoscenza nella vita, serve a mettersi in grado di scegliere bene, capire meglio noi stessi, gli altri – e persino quell’amico amante degli hamburger.

Credits: pic by Anastasiia Rozumna @ unsplash.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: